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Daria ha posato la maschera sul davanzale, si è legata i capelli viola con un elastico ed ha chiuso la finestra proprio mentre Rudy varcava la soglia di casa, più trafelato che mai. Aveva il fiatone per aver fatto le scale correndo. Era uscito per comprare qualcosa al supermarket degli srilankesi dopo la piazza e ne ha approfittato per sondare i tetti dei palazzi vicini, sempre per quella sua idea di piazzarci un’antenna e farci una radio. Una pattuglia dell’esercito dell’Impero ha preso ad inseguirlo ma per fortuna era a piedi; si è rifugiato in un portone per più di un’ora con la paura che qualche condomino-spia lo denunciasse o lo filmasse con uno smartphone.
«Cazzo ormai sembra un videogioco», dico quasi tra me e me.
«Ci hai fatto preoccupare Rudy» butta lì Maz, grattandosi il braccio squamoso con le unghie. È la prima volta da oggi che alza la testa dal computer.
 Va bene che siamo una gang ma ognuno è libero di fare quello che vuole e lui ci tiene a questa storia dell’antenna, lo difendo. Abbiamo raccolto un po’ di materiale ma non siamo ancora certi di quale sia il modo migliore per farlo circolare e lui sta provando a farci uscire da questa situazione.
Daria ha letto le cose che ho scritto stamattina, ma non mi sembra convinta; si è alzata senza una parola, ha preso la maschera ed è andata al davanzale per guardare fuori. Forse vede cose che noi non riusciamo a vedere, oppure era solo in ansia per Rudy che non tornava.
Intanto, nella stanza il silenzio è rotto solo dal respiro irregolare di Rudy che cerca di riprendersi e dal picchiettare di Maz sui tasti della tastiera.
«Leggimi quello che hai scritto» – mi fa alzandosi dalla scrivania e indossando la maschera – «ma leggi piano che già quando parli non si capisce un cazzo»
Gli mostro il terzo dito e mi accendo una sigaretta.

 

Un tempo, per indicare un avvenimento su cui l’uomo non aveva nessun controllo o responsabilità, avremmo utilizzato il concetto di “fenomeno atmosferico”. L’accelerazione degli ultimi anni dei cambiamenti climatici e di tutte le conseguenze connesse all’azione umana ci impongono di rivedere questa espressione.
Allo stesso modo, crediamo sia assai difficile poter attribuire il propagandarsi dell’epidemia di CoVID-19 a elementi di carattere strettamente “naturale”.
Alla luce di quanto al momento conosciamo, questa autoassoluzione umana è del tutto immotivata e fuori luogo poiché la pandemia di queste ore non è che il risultato del succitato sfruttamento del pianeta.
La riflessione collettiva su quanto gravita attorno a noi non è stata semplice. La nostra gang ha dovuto indossare le maschere e aggirarsi tra complottismi di varia natura sulla nascita e la diffusione del virus (di cui avremo potuto riportare una spassosissima antologia, se non ci fossero in ballo migliaia di morti), paranoie collettive e articoli per i quali la sola consolazione era la loro natura digitale che evita ulteriore spargimento inutile di carta e inchiostro.
L’OMS ha identificato il nome definitivo della malattia in CoVID-19, mentre la Commissione Internazionale per la Tassonomia dei Virus ha assegnato al virus il nome di SARS-CoV-2. Si tratta, infatti, di un virus molto simile a quello della SARS se non per due caratteristiche: una maggiore contagiosità e, per fortuna, un minore tasso di mortalità.
È opportuna questa distinzione perché fino ad ora si è parlato solo della malattia, per altro confondendola spesso con il virus. Questa premessa spiega anche perché adesso ci inseriamo nel dibattito sul SARS-CoV-2 dal quale ci eravamo tenuti un po’ alla larga. La discussione sul virus-malattia sembrava implicare l’impossibilità di ragionare su tutto ciò che faceva da contorno all’epidemia, come le rivolte nelle carceri o gli scioperi selvaggi nelle fabbriche e nei capannoni, restando vincolati unicamente alla parola d’ordine “io sto a casa”.

Come molte altre malattie che l’hanno preceduta anche ila CoVID-19 è arrivata all’essere umano tramite gli animali. Negli ultimi decenni sono moltissime le malattie che hanno questa origine e che per questo vengono chiamate zoonosi.
La storia della zoonosi comincia quando il virus coglie un’occasione per propagandarsi da una specie all’altra. Capita, infatti che un virus possa vivere per decenni all’interno di un animale senza causarne il decesso. Tuttavia quando il virus ha l’opportunità “trabocca” da un organismo all’altro, infettando una nuova specie. Il momento in cui un virus passa da una specie ospite ad un’altra si chiama spillover.
Sono zoonosi la rabbia, la leptospirosi, l’antrace, la SARS, la MERS, la febbre gialla, la dengue, l’HIV, Ebola, Chikungunya e i Coronavirus, ma anche la più diffusa influenza, solo per citarne alcune. Semplicemente leggendo i nomi delle malattie ci rendiamo conto della familiarità che abbiamo con questi nomi. La ragione è semplice: praticamente più del 70% di quelle che hanno colpito l’uomo negli ultimi 30 anni sono di origine zoonotica e si immagina che nel corso dei prossimi anni la situazione non potrà che aggravarsi. Per queste ragioni l’OMS aveva anche avvertito nel 2018 i vari paesi a prepararsi ad affrontare una probabile pandemia di origine zoonotica. È evidente che i governi italiani (di tutti gli schieramenti) abbiano preferito continuare a smantellare e smembrare in maniera sistematica la sanità pubblica piuttosto che irrobustirla per fronteggiare la possibile “emergenza”.

Detto questo, ci si domanderà: ma se allora tutte queste malattie vengono dagli animali l’essere umano che colpa ha? Per rispondere a questa domanda è necessario un ulteriore chiarimento. Non è possibile attribuire la responsabilità all’essere umano in toto, è necessario attribuire questa responsabilità all’attuale sistema di produzione, colpevole di favorire in maniera determinante le condizioni che pongono in essere il passaggio del virus da una specie all’altra.
Ecco quali sono le condizioni.
La principale ragione del progressivo diffondersi dello sviluppo di malattie zoonotiche è, infatti, la sistematica distruzione del pianeta.
Deforestazione e urbanizzazioni riducono gli habitat a specie animali portatrici del virus e le obbliga ad entrare in contatto con l’uomo. Allo stesso modo il turbamento dell’ecosistema che favorisce la scomparsa di intere specie “costringe” il virus a trovarsi un nuovo organismo in cui sopravvivere e l’essere umano, con i suoi 7,7 miliardi di esemplari sul pianeta, è di certo un bersaglio facile.
I cambiamenti di uso del suolo e la distruzione di habitat naturali sono considerati responsabili di almeno la metà delle zoonosi emergenti. L’urbanizzazione incontrollata delle aree forestali è stata associata a virus trasmessi dalle zanzare, ma non solo. Nelle foreste tropicali si ritiene vivano milioni di specie in gran parte sconosciute alla scienza. Tra questi milioni di specie ignote ci sono virus, batteri, funghi e molti altri organismi, molti dei quali parassiti. Ebola, Marburg, Lassa, il vaiolo delle scimmie, e il precursore dell’HIV sono un campione minuscolo della miriade di altri virus non ancora scoperti. Anche lo scioglimento dei ghiacciai rischia di liberare batteri e virus ormai appartenenti al passato e di cui al momento non si hanno anticorpi o vaccini.

Le ultime analisi dimostrano che esistono due ceppi fratelli del virus che stiamo affrontando, chiamati Tipo I e Tipo II. Del primo ancora non sappiamo quale possa essere l’origine, mentre del secondo sappiamo che si è propagato dal famigerato mercato di Wuhan. I mercati di animali sono sempre più spesso origine di diffusione dei contagi e di spillover, soprattutto quelli in cui si vende la carne di animali esotici, considerata un bene di lusso e di stato sociale. Sebbene tutto questo sia assolutamente vero, non dimentichiamo, però, che alcune delle malattie che hanno infettato l’uomo nel recente passato, come la suina e la aviaria, nascono da allevamenti intensivi.
Allo stesso modo l’utilizzo intensivo di farmaci nell’allevamento intensivo di bestiame ha portato alla comparsa di ceppi di Salmonella. In generale le pratiche zootecniche intensive possono facilitare lo spillover di agenti patogeni, portando a nuovi e pericolose zoonosi, come la SARS e nuovi ceppi di influenza.
Pertanto, quando, l’emergenza sarà ridimensionata e si stringerà sempre più il cerchio attorno agli ambulanti o ai mercati, affiancando al “decoro” anche il concetto di “sanità”, utilizzato però in termini terroristici, ricordiamoci che la maggior parte della carne che mangiamo viene proprio dagli allevamenti intesivi.
In sintesi: La deforestazione, l’alzamento della temperatura della terra e dei mari, l’estinzione di decine di migliaia di specie, lo scioglimento dei ghiacciai, l’inquinamento degli oceani, lo sfruttamento intensivo della terra e degli animali sono tutte cause del diffondersi di virus dagli animali all’uomo.
Da questi brevi quanto semplici esempi appare chiara l’impellenza di un cambio di rotta per evitare il presentarsi di quello che gli scienziati chiamano il Big One, ovvero un’epidemia di proporzioni inimmaginabili e paragonabili solo alla peste bubbonica che nel medioevo ridusse di un terzo la popolazione europea.

L’urgenza di questo cambio di rotta è ancora più evidente se si tiene conto di quanto si sostiene nell’IPBES (Intergovernamental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services dell’ONU). Nel rapporto IPBES il termine per definire l’azione distruttiva dell’uomo sulla natura è “Unprecedented”, senza precedenti. Secondo il report il75% dell’ambiente terrestre e circa il 66% dell’ambiente marino sono stati modificati in modo significativo e circa 1 milione di specie animali e vegetali, come mai si era verificato nella storia dell’umanità, rischiano l’estinzione.
Come dicevamo nelle premesse – questa parte me l’ha fatta aggiungere Maz –  tutto questo sta avvenendo per la brutalità con cui, in nome del profitto di qualcuno, si sfrutta il pianeta e tutti i suoi abitanti. È piuttosto evidente, infatti, che il sistema di produzione in cui viviamo si appropria e sfrutta con la stessa brutale arbitrarietà esseri umani e terra senza preoccuparsi della sopravvivenza né degli uni che dell’altra.
Dobbiamo smettere di pensare che la catastrofe, la distruzione del pianeta avverrà all’improvviso in fatidico un giorno X. La catastrofe è già sotto i nostri occhi. Cambiamenti climatici, estinzioni e pandemie sono ormai la nostra realtà. La catastrofe è già in corso.
Ormai non ci resta altra scelta: farla finita con il capitalismo o farla finita con l’umanità.

 

 

Restano tutti in silenzio, nessun commento. Daria sembra assorta in altri pensieri.
«Allora?» chiedo dopo un po’.
Rudy risponde per primo:
«Per me va bene, ma forse alla radio sarebbe un po’ troppo lungo». Il suo braccio squamoso riflette le tonalità iridescenti del tramonto che si infiltrava dalla finestra. 
«Ma chi ha detto che dobbiamo leggerlo alla radio, cioè quando è stato deciso?»
«Lascia perdere, ci pensiamo domani tanto ci vuole ancora un po’ per il Game over».
Si butta sul divano, prende il telecomando e accende la tv. Su tutti i canali passano lo stesso programma.